organist ha scritto:MarioBon ha scritto:
però, in cambio, vogliono le banconote scientificamente coniate dalla zecca (perché le banconote, a differenza degli amplificatori, si possono "misurare").
Se fossero coerenti si accontenterebbero di un pensiero, di un fiore, di una poesia....
Quotone.
Questa risposta è geniale!
I giapponesi hanno una cultura radicalmente diversa da quella nostra, occidentale.
Per noi un oggetto ha un valore facilmente quantificabile su parametri puramente merceologici, come la qualità dei materiali, la tecnologia utilizzata, il peso e non ultimo, il risultato ottenuto.
Per i giapponesi invece, l'oggetto non è importante in quanto prodotto commerciale, bensì come rappresentazione di uno specifico e particolare processo di realizzazione teso a mantenersi rigidamente uguale a se stesso passando di generazione in generazione.
Per loro il concetto stesso di arte è la celebrazione di questo "processo di creazione". Non è importate il risultato in particolare, ma è importante che il risultato sia ottenuto seguendo esattamente le regole e replicando perfettamente per l'ennesima volta lo stesso percorso produttivo, cosa che è considerata addirittura motivo di elevazione spirituale.
E questo vale per tutto, dalla scrittura al giardino zen, dalla creazione di un kimono a quella di una spada, di un condensatore o un trasformatore d'uscita.
Quindi il valore delle cose corrisponde al valore del procedimento necessario ad ottenerle, che a sua volta dipende dalla sua antichità, quindi dal nome o addirittura dalla dinastia.
Il prezzo di vendita quindi è totalmente svincolato dall'oggetto in se stesso, perché non rientra nel procedimento.
Detto questo, a me interessa solo il risultato, per cui mi tengo stretto i miei italianissimi in classe D, e non inserirei i Kondo nel mio sistema neanche se me li regalassero.
Il compito non è tanto di vedere ciò che nessun altro ha ancora visto; ma pensare ciò che nessun altro ha ancora pensato riguardo a quello che chiunque vede. (E. Schrodinger)