Seminario: la storia di David Hilbert (cc)

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MarioBon
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Seminario: la storia di David Hilbert (cc)

#1 Messaggio da MarioBon »

David Hilbert è stato uno dei più importanti personaggi vissuti a cavallo del 1900 (con Plank, Einstein, Godel, ecc.).
Hilbert, di mestiere, faceva il matematico ma si interessò anche di Fisica.
Al di là dell'importanza storica e scientifica (ha riscritto la Geometria dopo Euclide) Hilbert era molto preoccupato dalla possibile influenza del "fattore umano" sulle dimostrazioni. Talmente preoccupato che formulò una specie di "protocollo" secondo il quale una dimostrazione è valida solo se può essere ripetuta da una macchina in un numero finito di passi (dimostrazione sintattica in opposizione alla dimostrazione semantica). Solo che, a quei tempi, nessuno aveva idea di cosa fosse un computer. Già immaginare di affidare ad una macchina una dimostrazione matematica era una idea dirompente.
Questa sua richiesta stimolò Turing ad ipotizzare la "Macchina di Turing" la cui realizzazione pratica è il computer che oggi tutti utilizziamo. In sostanza Hilbert indusse all'invenzione del computer.
Far eseguire una dimostrazione ad una macchina significa affrancarla dalla soggettività dell'uomo e dai suoi ragionamenti euristici. Una macchina applica la logica meglio dell'uomo.

Le misure che si fanno sui dispositivi audio hanno la stessa funzione: individuare delle grandezze oggettive, che rappresentino le qualità del suono riprodotto, che possano essere misurate da una macchina (lo strumento di misura) trasformate in numeri ed essere così rese oggettive.

Queste grandezze sono gli attributi del suono. L'idea di definire gli attributi del suono venne a Leo L. Beranek nel 1960 o giù di lì. Lo scopo di Beranek era definire dei criteri oggettivi da utilizzare nella progettazione di teatri ed auditori. Questa idea ebbe un seguito perché la realizzazione di un auditorio è già molto costosa, correggerne l'acustica, una volta realizzato (quando è possibile) rappresenta un costo aggiuntivo non indifferente (oltre alla brutta figura che fa l'architetto...).
Lo scopo di Beranek è progettare un auditorio con caratteristiche acustiche note e definite.
A livello di aneddoto ricordiamo che la prima sala progettata da Beranek fu acusticamente un disastro. Nessuno è perfetto.

Quello che fece Beranek nei 50 anni successivi fu studiare gli auditori di tutto il mondo e ricercare le grandezze correlate alla qualità del loro "suono". I primi attributi individuati furono il rumore ed il tempo di riverberazione (definito a suo tempo da Sabine).

In sostanza gli attributi del suono sono gli aggettivi che utilizziamo per descrivere il suono e non lo strumento che lo produce. Gli attributi riguardano il suono e non l'auditorio in sé.
Quando descriviamo la voce di Pavarotti usiamo degli aggettivi che sono del tutto indipendenti dal fatto che Pavarotti fosse nero di capelli e portasse la barba.
Quindi parliamo di suono, in particolare della sensazione sonora e non del suono percepito.
La differenza non è da poco perché il suono percepito è condizionato dalla memoria di chi lo ascolta mentre la sensazione è la risposta allo stimolo.
Individui diversi, sottoposti allo stesso stimolo, presentano sensazioni simili
Lo stesso individuo, sottoposto allo stesso stimolo, presenta percezioni diverse.

La prima distinzione da fare è tra i dispositivi che producono suono e quelli che non lo producono.
Un amplificatore non produce suoni: se avvicinate l'orecchio ai suoi morsetti di uscita non sentite musica ma al massimo un po' di rumore. L'amplificatore aumenta la potenza elettrica del segnale che proviene dalla sorgente. Un cavo non suona (non deve suonare). Gli altoparlanti, invece, suonano: entra un segnale elettrico ed esce una variazione di pressione che percepiamo come suono.
Se un amplificatore o un cavo non suonano ha poco senso parlare del "suono dell'amplificatore".
Per capire se un amplificatore fa il suo mestiere basta confrontare ciò che ne esce con quello che vi entra (entra tensione su una impedenza alta, esce tensione su una impedenza bassa). Ne segue che possiamo valutare un amplificatore esclusivamente attraverso misure elettriche. Lo stesso vale per tutti i dispositivi dove la grandezza di uscita e quella in ingresso sono omogenee (della stessa natura, confrontabili come tensione e tensione).

L'unico dispositivo che produce suono è l'altoparlante. Anche in questo caso, però, non dobbiamo valutare il dispositivo in sé ma il suono che produce. Gli attributi del suono sono gli stessi ma saranno correlati a grandezze diverse.
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Polin
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Re: Seminario: la storia di David Hilbert

#2 Messaggio da Polin »

MarioBon ha scritto:
La differenza non è da poco perché il suono percepito è condizionato dalla memoria di chi lo ascolta mentre la sensazione è la risposta allo stimolo.
Parlando di "suono",ribadendo in forma volgare che esso si costruisce nel cervello,non credo sia appropriato affermare che esso è condizionato dalla memoria
dato che senza l'apporto della medesima non sarebbe possibile percepire"nulla".
Di conseguenza non è congruente scorrelare la percezione dalla stessa memoria.
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MarioBon
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Re: Seminario: la storia di David Hilbert

#3 Messaggio da MarioBon »

Polin ha scritto:
MarioBon ha scritto:
La differenza non è da poco perché il suono percepito è condizionato dalla memoria di chi lo ascolta mentre la sensazione è la risposta allo stimolo.
Parlando di "suono", ribadendo in forma volgare che esso si costruisce nel cervello, non credo sia appropriato affermare che esso è condizionato dalla memoria dato che senza l'apporto della medesima non sarebbe possibile percepire "nulla".
Di conseguenza non è congruente scorrelare la percezione dalla stessa memoria.
E infatti la percezione del suono è correlata alla memoria (dipende dalla memoria).
La percezione è un processo che "carica" le sensazioni con le memorie pregresse.
Dato che il tempo va solo avanti, la memoria si aggiorna di continuo. Ne segue che la percezione anche della stessa sensazione, in momenti diversi non è mai la stessa. Magari cambia poco ma cambia.
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Polin
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Re: Seminario: la storia di David Hilbert

#4 Messaggio da Polin »

MarioBon ha scritto:
La percezione è un processo che "carica" le sensazioni con le memorie pregresse.
Non necessariamente avviene questo,in effetti c'è qualcosa che accade prima.
Difatti la percezione si avvale in "tempo reale"(in pratica bastano una manciata di ms per compiere svariate operazioni) di una particolarità funzionale definibile "memoria sospesa" ,che può isolare le pregresse,al fine di conoscere/indagare un esplorato o parte di esso.
E' stato già detto inoltre che senza l'attività attenzionale "focalizzata" non è possibile attuare percezioni cognitive!
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Re: Seminario: la storia di David Hilbert

#5 Messaggio da MarioBon »

Polin ha scritto:
MarioBon ha scritto:
La percezione è un processo che "carica" le sensazioni con le memorie pregresse.
Non necessariamente avviene questo,in effetti c'è qualcosa che accade prima.
Difatti la percezione si avvale in "tempo reale"(in pratica bastano una manciata di ms per compiere svariate operazioni) di una particolarità funzionale definibile "memoria sospesa" ,che può isolare le pregresse,al fine di conoscere/indagare un esplorato o parte di esso.
E' stato già detto inoltre che senza l'attività attenzionale "focalizzata" non è possibile attuare percezioni cognitive!
se mi segnali qualche articolo me lo leggo volentieri.
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Re: Seminario: la storia di David Hilbert

#6 Messaggio da Polin »

MarioBon ha scritto:
se mi segnali qualche articolo me lo leggo volentieri.
Posso segnalarti qualcosa con la posta privata...in ogni caso alcune delle ricerche son frutto di osservazioni che sperimento da diversi anni.
Saluti
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iano
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Re: Seminario: la storia di David Hilbert

#7 Messaggio da iano »

MarioBon ha scritto:David Hilbert è stato uno dei più importanti personaggi vissuti a cavallo del 1900 (con Plank, Einstein, Godel, ecc.).
Hilbert, di mestiere, faceva il matematico ma si interessò anche di Fisica.
Al di là dell'importanza storica e scientifica (ha riscritto la Geometria dopo Euclide) Hilbert era molto preoccupato dalla possibile influenza del "fattore umano" sulle dimostrazioni. Talmente preoccupato che formulò una specie di "protocollo" secondo il quale una dimostrazione è valida solo se può essere ripetuta da una macchina in un numero finito di passi (dimostrazione sintattica in opposizione alla dimostrazione semantica). Solo che, a quei tempi, nessuno aveva idea di cosa fosse un computer. Già immaginare di affidare ad una macchina una dimostrazione matematica era una idea dirompente.
Questa sua richiesta stimolò Turing ad ipotizzare la "Macchina di Turing" la cui realizzazione pratica è il computer che oggi tutti utilizziamo. In sostanza Hilbert indusse all'invenzione del computer.
Far eseguire una dimostrazione ad una macchina significa affrancarla dalla soggettività dell'uomo e dai suoi ragionamenti euristici. Una macchina applica la logica meglio dell'uomo.

Le misure che si fanno sui dispositivi audio hanno la stessa funzione: individuare delle grandezze oggettive, che rappresentino le qualità del suono riprodotto, che possano essere misurate da una macchina (lo strumento di misura) trasformate in numeri ed essere così rese oggettive.
.
Alla fine i matematici sono stati costretti giocoforza,ad usare in alcune dimostrazioni matematiche molto complesse la macchina di Touring (credo per dimostrare l'ultimo teorema di Fermat,o forse il teorema dei 4 colori).
In altri casi,in alternativa al computer ,è possibile mettere al lavoro una vasta consorteria di matematici,ognuno dei quali lavora solo ad una parte della dimostrazione,richiedendo questa molte diverse competenze che nessun matematico da solo possiede.
In un caso è nell'altro quello che si ottiene è che nessun singolo matematico può seguire tutti i passaggi della dimostrazione.
I matematici fanno ciò se costretti,ma non si augurano mai che tale evenienza si presenti,in quanto ciò preclude loro la possibilità di "comprendere intimamente" il teorema stesso,che quando pienamente compreso,viene di fatto ridotto al classico 2+2=4,banalizzandosi,
Paradossale che Hilnert,uno dei non pochi ,ma non moltissimi matematici che ai suoi tempi riuscivano ad abbracciare e comprendere l'intero scibile matematico si augurasse di arrivare dove siamo arrivati.
L'augurio di Hilnert è solo ciò di cui oggi i matematici fanno di necessità virtù,perché in tal modo di fatto hanno perso il "controllo cosciente" della materia.
La loro affascinante materia è così diventata una routine per computer,e a me mi scappa di fare un parallelo con il sistema percettivo e il suo modo perlopiu ruotinario di funzionare e che sfugge al nostro controllo cosciente.
Se poi voglio spingermi ancora oltre con le fantasiose illazioni potrei dire che in questo modo si chiude il cerchio,se è vero,come io credo,che la matematica altro non è nel suo evolversi storico,che la esplicitazione di un linguaggio che il nostro sistema percettivo e cervello zitti zitti hanno sempre usato.
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iano
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Re: Seminario: la storia di David Hilbert

#8 Messaggio da iano »

Se vedere le cose in questo modo può sembrare arbitrario,bisognerebbe però pesare questa visione in ragione delle cose che potrebbe spiegare.
Potrebbe spiegare ad esempio l'incredibile capacità che ha la matematica (incredibile in quanto non logicamente necessaria) di descriverci e farci capire come vanno le cose nel mondo,ciò che fece dire a Galilei che il libro della natura è scritto con simboli che sono cerchi e triangoli,e che chi quelli non intende,quello non intenderà,stesso motivo per cui Platone negava l'ingresso alla sua Accademia a chi qielli non intendeva.
Queste mirabili e geniali intuizioni,che possiamo tutte fare risalire a Pitagora, per il quale il mondo era fatto di numeri, oggi potrebbero essere riviste e corrette dicendo che non propriamente la natura, ma il nostro cervello è un libro scritto con quei simboli e che solo in quei termini egli, pur con tutti i suoi limiti, può quindi comprendere il mondo, che solo per ciò ci appare costituito esso stesso di quei simboli.
Detto in soldoni, seppure il pensare sembri una facoltà assoluta, in effetti per pensare devo conoscere un linguaggio che sarà il mezzo è il limite del mio pensiero, che perciò non ha niente di assoluto.
La comprensione del mondo e la verità sul mondo, si riducono banalmente in tal modo in ciò che il nostro il nostro sistema percettivo con annesso cervello hanno sempre saputo, all' Elaborazione di dati utili a raggiungere alcuna verità, ma solo un preciso scopo quasi mai a noi evidente se non nella piccola misura in cui noi riusciamo ad esplicitare il suo modo di funzionare, dato che esso ammette sempre che la coscienza, qualunque cosa sia, possa essere ammessa nel processo, se serve.
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Re: Seminario: la storia di David Hilbert

#9 Messaggio da iano »

Se le dimostrazioni fatte da una macchina possono essere solo accettate e basta,le misure fatte da una macchina vengono accettate solo al fine di tentarne una interpretazione che possa dimostrarsi utile ad un preciso scopo,che ovviamente bisognerebbe avere ben chiaro è presente,e come sappiamo ,nel nostro submomdo hifi non sempre ciò è dato.Questo almeno è quello che ci insegna a fare il nostro sistema percettivo,che noi non possiamo far altro che malamente scimmiottare,perché quando si esce fuori dalle sue routine il processo diventa spesso difficoltoso e lento,posto sotto la lente di ingrandimento della nostra coscienza,inevitabilmente soggetto Quimdi al voto democratico di tante soggettività,con l'aggravante che quelle soggettività non possono essere snobbate,perché stiamo parlando degli utenti finali dell'intero processo.
Naturalmente non sembra utile con questi discorsi voler spegnere la nostra sana tensione alla ricerca di punti fissi inamovibili,che però tali non saranno mai.Perche' quei punti servono comunque a comporre una mappa senza la quale non è possibile procedere.Poi si può procedere da soli o affidarsi a una guida esperta,come ad esempio Mario Bon,e qui mi fermo per non trascendere in mielosi complimenti.
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Re: Seminario: la storia di David Hilbert

#10 Messaggio da MarioBon »

Si possono dire tante cose. Puntualizzerei solo una cosa: la Scienza, e proprio con Hilbert in modo esplicito, cerca in tutti i modi (in particolare attraverso l'applicazione del Metodo) di prescindere dalla soggettività e dalle limitazioni delle percezioni dell'uomo.
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