gioro ha scritto: ↑25/08/2021, 8:33
Bene, tu che hai studiato mi puoi chiarire come si fa a parlare di fedeltà in senso classico quando il segnale che arriva all'orecchio non somiglia neppure a quello di partenza? Strumentalmente non risulta possibile, eppure l'orecchio riesce in questa distinzione
Il sistema uditivo è capace di applicare una selezione o amplificazione/attenuazione durante il processo di trasduzione meccano-elettrica.
Questa forma di adattamento comprende una serie di fenomeni (straordinari effettivamente) che spaziano dalla deflessione delle cellule ciliate esterne che a sua volta trasmettono ai recettori (cellule ciliate interne)
Un "meccanismo" definito amplificatore cocleare.
Quanto al segnale acustico che "non somiglia" a quello di partenza.
Questo segnale, essendo vittima di intromissioni con fenomeni acustici aggiuntivi (quali riflessioni, riverbero ed esaltazioni/cancellazioni di fase) va analizzato diversamente con una rigorosa forma di distinzione e discernimento.
Il segnale diretto è quello che dovrebbe somigliare di piu alla forma del segnale originale, e si può ottenere...tant'è che a livello di modulo dello spettro potremmo ottenere in ambiente anche una risposta completamente piatta.
Il massimo compromesso di alta fedeltà lo stabilisce il livello di alterazioni "secondarie" e quanto queste incidono nel cambiare il segnale diretto a livello udibile e non udibile.
Se il segnale riflesso occupa un livello di ampiezza elevata, il sistema uditivo percepisce il segnale diretto in modo inquinato, se invece il segnale riflesso occupa un ampiezza di almeno 15dB sotto il livello del suono diretto, il nostro sistema uditivo percepirà "soltanto" la parte, appunto, che somiglia al segnale originale.
Dunque preservare e osservare sia la parte nobile del segnale (diretto) sia la parte alterante (riflesso) stabilisce le condizioni affinchè si formi nel cervello un suono fedele.