Polin ha scritto:TomCapraro ha scritto:
Un evento dal vivo è realtà. (nel vero senso del termine)
Un segnale creato da un software (fosse anche rumore rosa) è realtà.
Un disco registrato è realtà (nel senso che contiene un segnale definito, sebbene possa anche derivare da manipolazioni)
Non credo sia corretto utilizzare il termine "realta"in modo così disomogeneo dato che il fulcro del discorso verte su aspetti "qualitativi"riferibili a valutazioni derivanti dalla sola percezione...
Un fenomeno dal vivo può condiderarsi "reale"per definizione dato che rappresenta il primo evento (non quello registrato ovviamente);tale accadimento è conoscibile ( Il termine conoscibile comporta in sè comunque una "selezione del fenomeno definibile reale) essenzialmente dalla partecipazione attiva dell'osservatore/ascoltatore.
E' possibile oggettivare tale realta,cioè trasformarla in grandezze fisiche perfettamente equivalenti al puntio da poterle "antitrasformare?
Le altre realtà da te evidenziate non hanno attinenza con l'argomento che intendevo proporre!
Si, con il sistema WFS (già realizzato e funzionante) e, in misura più approsimata, con le registrazioni eseguire con testa artificiale e ascolto in cuffia (ma c'è appunto la cuffia che è una limitazione). Quest'ultima provata personalmente.
Il Wave Field Synthesis è indistinguibile dall'originale: le sorgenti virtuali (per esempio) non cambiano posizione anche se si cambia il punto di ascolto.
http://www.holophony.net/Wavefieldsynthesis.htm
Comunque, se posso dire la mia, la realtà sono le variazioni di pressione atmosferica che raggiungono i timpani e producono una sensazione. Tutto quello che viene dopo non può essere misurato direttamente ma solo descritto (è personale e privato). Sempre che non si trovi qualcuno disposto a farsi piantare qualche sonda nel cervello.
La catena di riproduzione, nel caso di uno strumento acustico, comincia con il microfono (eccitato da onde di pressione) e finisce con l'altoparlante (che riproduce onde di pressione).
A rigore solo i trasduttori (microfono e altoparlante) introducono modificazioni (le elettroniche non trattano "suono" ma segnali elettrici perfettamente controllabili).
Il problema dei trasduttori è il seguente:
- il microfono opera in un campo tridimensionale ma lo riduce ad un segnale monodimensionale (perdendo due dimensioni):
- l'altoparlante riceve un segnale monodimensionale e lo trasforma in un campo di pressione tridimensionale (aggiungendo due dimensioni a modo suo).
Per limitare i "danni" si usano un numero variabile di microfoni, di canali e di altoparlanti (per esempio 2 nella stereofonia, fino a 7 nell'Home Theatre, centinaia nel WFS). I risultati sono quelli che conosciamo. Come già ricordato ci sono casi come la musica elettronica o la musica generata con i campionatori (come ha giustamente ricordato Alessandro Cioni) dove non c'è uno strumento ed un microfono ma il segnale nasce direttamente come segnale elettrico (quindi "l'originale" è ignoto e deve essere assunto per originale quello che esce dall'altoparlante).
Tutto però si basa su un assunto (sperimentalmente verificato):
lo stesso stimolo, in individui diversi, produce
sensazioni simili.
mentre:
lo stesso stimolo può produrre
percezioni diverse anche nello stesso individuo.
Quest'ultima cosa (sperimentalmente provata) avviene a causa della anisotropia del tempo (il tempo va solo in una direzione) e della natura della percezione.
La prova è semplice: ascoltate un brano musicale. Riascoltatelo mangiando le patatine fritte (quelle che scrocchiano in bocca). Poi ditemi se avete sentito le stesse cose.
Se vogliamo mettere in dubbio queste cose allora è meglio che chiudiamo tutto e andiamo a giocare a bocce al circolo degli anziani.